Oltre le SDI ?
Il concetto di Spatial Data Infrastructure ha più di un quarto di secolo, e appare oggi un po’ appannato.
Nel maggio 2020 EUROGI ha messo insieme 16 “geospatial thought leaders” in un webinar intitolato “Beyond spatial data infrastructures” (https://eurogi.org/category/beyond-sdi/). Tra questi c’era Ed Parson, spesso incaricato da Google di “evangelise geospatial data”, che ha affermato che le SDI sono morte, anzi non sono mai realmente nate. Una provocazione certo, che però ha qualche elemento di verità.
La suggestione di Parson è “to take a more convenzional web based approcch”. Il suo riferimento è un documento un po’ ignorato (almeno da me) prodotto del gruppo di lavoro congiunto W3C-OGC nel 2017 (https://www.w3.org/TR/sdw-bp/). L’idea è il superamento delle SDI verso qualcosa di meno strutturato: i dati spaziali sono immersi nel web, loosly coupled. Altri partecipanti all’iniziativa EUROGI hanno espresso più o meno la stessa opinione.
Ma questo approccio può essere efficiente ed efficace nella ricerca e nel concreto riuso dei dati spaziali? E c’è la questione della interoperabilità, tuttora tutt’altro che definitivamente risolta.
Intervenendo al webinar EUROGI, il presidente di OGC, Bart de Lathouwer, ha notato che OGC non ha mai pubblicato un documento con “SDI” nel titolo, anche se ha messo a punto i “building blocks” delle SDI. Ora però “the OGC is actively seeking … to further shape the future of SDIs in its Concept Development Study “Modernizing SDI” ” (mail del 18/06/2020), e, nella seconda metà del 2020, alcune iniziative sono state messe in campo da OGC in questa direzione (in specifico in Canada).
Nel marzo 2020 è stato pubblicato il paper “From Spatial Data Infrastructures to Data Spaces. A Technological Perspective on the Evolution of European SDIs” (ISPRS Int. J. Geo-Inf. 2020, 9, 176, https://www.mdpi.com/2220-9964/9/3/176), scritto da varie persone del JRC. Il paper contiene anche una valutazione sulle prospettive di INSPIRE (secondo chi ha scritto molte delle sue regole). Anche in questo caso il futuro prospettato è di una maggiore fluidità: va superato il punto di vista “provider-centric” e bisogna mettere al centro e coinvolgere gli utilizzatori.
Il 14/07/2020 nella plenaria di apertura della User Conferenze ESRI, Jack Dangermond ha tratteggiato la sua vision. La parte a cui faccio riferimento in particolare è rivedibile qui (a partire dal min 5:50: GIS Interconnecting our world [2 di 4] https://www.youtube.com/watch?v=MvyOQoiHAqU&list=PLaPDDLTCmy4YwK56yHaEdtRgNUoPBiZTz&index=3&t=0s ). Nella vision di Dangermond, un ruolo importante ce l’ha la Geospatial Infrastructure (l’eliminazione del termine “dati” non è certamente casuale). L’idea è che le “GIS capabilities are becoming embedded” e che ci saranno le app che devono fornire un “frictionless access” alla conoscenza geospaziale. Una visione che va oltre il concetto tradizionale di SDI.
Il 24 e 25 febbraio 2021 si è svolto il Geospatial Knowledge Infrastructure Summit, una conferenza virtuale veramente globale (https://geospatialmedia.net). I punti chiave sono stati: non raw data ma “knowledge services on demand“, la creazione di un geospatial ecosystem focalizzato sui servizi e sulla domanda degli utenti, basato su open data, open tools per l’analisi e la visualizzazione, e sul partenariato pubblico-privato.
I diversi approcci qui richiamati, sono proposti da soggetti molto diversi, in contesti diversi; però c’è una certa convergenza tra loro. Inoltre, non va anche nella stessa direzione, ad es., l’idea delle DIAS (Data and Information Access Services) proposta dal progetto europeo Copernicus?
Penso che avrebbe senso provare a ribaltare queste riflessioni e considerazioni, emerse nel dibattito internazionale, sulla realtà attuale delle SDI italiane. Che non sono morte ma sembrano vivacchiare. Sembra sia prevalso un approccio burocratico: vengono prodotti certi dati (spaziali) perché è stabilito da qualche norma o perché lo si è sempre fatto, e c’è poca attenzione all’usabilità dei dati, al loro effettivo uso, e alla domanda degli utilizzatori.
Vorrei chiudere segnalando una iniziativa in controtendenza rispetto al vivacchiare, una iniziativa molto positiva, che però è anche un implicito riconoscimento di una difficoltà di comunicazione con gli utenti, il ciclo di webinar promosso dalla Regione Veneto sulle attività della Regione per l’informazione geografica (https://www.regione.veneto.it/article-detail?articleId=10857319). Questo ciclo di webinar è iniziato il 10 febbraio e termina il 31 marzo. I partecipanti agli appuntamenti finora tenuti, sono stati dell’ordine dei 300 ogni volta: quindi, possiamo dire, se c’è la volontà di comunicare ci sono anche quelli che hanno voglia di ascoltare.
23 marzo 2021
Franco Vico (franco.vico@formerfaculty.polito.it)